DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE: DEFINIZIONE
In materia di sicurezza sul lavoro, è necessario includere nella categoria dei D.P.I. qualsiasi attrezzatura, complemento o accessorio che possa in concreto costituire una barriera protettiva, sia pure ridotta o limitata, rispetto a qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza del lavoratore, ai fini dell’adempimento datoriale all’obbligo posto dalla normativa.
Nella specie, una Corte d’appello territoriale ha respinto la domanda di un operatore ecologico di condanna di parte datoriale al risarcimento dei danni da inadempimento dell’obbligo di lavaggio e manutenzione dei dispositivi di protezione individuale, precisando che, i dispositivi di protezione individuale fossero solo quelli aventi, secondo valutazioni tecnico scientifiche, la funzionalità tipica di protezione dai rischi per la salute e la sicurezza e che rispondessero ai requisiti normativamente dettati per la relativa realizzazione e commercializzazione. Pertanto, ha escluso che gli indumenti da lavoro forniti dalla società datoriale potessero essere qualificati D.P.I. in quanto non destinati a fornire una adeguata protezione dai rischi di contatto con sostanze nocive o agenti patogeni.
Ebbene, la categoria dei D.P.I. deve essere definita in ragione della concreta finalizzazione delle attrezzature, degli indumenti e dei complementi o accessori alla protezione del lavoratore dai rischi per la salute e la sicurezza esistenti nelle lavorazioni svolte, a prescindere dalla espressa qualificazione in tal senso da parte del documento di valutazione dei rischi e dagli obblighi di fornitura e manutenzione contemplati nel contratto collettivo.
Con particolare riferimento agli operatori ecologici, addetti alla raccolta dei rifiuti, la Corte di Cassazione ha sempre affermato l’obbligo datoriale di manutenzione e lavaggio degli indumenti da lavoro sul presupposto, fattuale e logico, della qualificazione degli indumenti medesimi come dispositivi di protezione individuale.
Si è in particolare precisato come “l’idoneità degli indumenti di protezione che il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori …. deve sussistere non solo nel momento della consegna degli indumenti stessi, ma anche durante l’intero periodo di esecuzione della prestazione lavorativa. Ne consegue che, essendo il lavaggio indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza, esso non può non essere a carico del datore di lavoro, quale destinatario dell’obbligo previsto dalle citate disposizioni”.
La Suprema Corte di Cassazione, in una precedente sentenza del 2015, nel confermare la pronuncia di appello che aveva qualificato come D.P.I. gli indumenti usati da una lavoratrice addetta alla pulizia delle carrozze dei treni, attività comportante la raccolta di rifiuti, lo svuotamento di cestini e portacenere e l’inevitabile contatto con sostanze nocive o patogene, come la polvere, la sporcizia, residui organici, ha affermato che “per i lavori di pulizia di ambienti, treni, ecc. la semplice tuta di cotone può considerarsi un (seppur minimo) mezzo o dispositivo di protezione individuale, e non solo strumento identificativo dell’azienda per cui si lavora, e come tale essa deve essere fornita dal datore di lavoro e tenuta in stato idoneo”; la medesima pronuncia ha ritenuto come l’inclusione degli indumenti tra i D.P.I. in ragione della funzione protettiva svolta dovesse prescindere dalla loro qualificazione o meno in tal senso da parte delle fonti contrattuali collettive e, deve aggiungersi, anche da parte del documento di valutazione dei rischi.
Sulla base del quadro normativo in materia di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, la giurisprudenza di legittimità ha collegato l’obbligo di fornitura e manutenzione dei D.P.I. alla idoneità, seppur minima, dei medesimi di ridurre i rischi legati allo svolgimento dell’attività lavorativa, costituendo specifico obbligo datoriale quello di porre in essere tutte le misure necessarie per garantire la salute e sicurezza dei lavoratori e quindi per prevenire, con specifico riferimento agli operatori ecologici, l’insorgere e la diffusione di infezioni in danno dei medesimi e dei loro familiari, a cui il rischio si estenderebbe in caso di lavaggio degli indumenti da lavoro in ambito domestico.
Nella specie, la sentenza impugnata ha dato atto dell’esito del sopralluogo effettuato dall’AsI che aveva individuato l’esistenza, nel settore della raccolta dei rifiuti svolta dalla società, di un rischio infettivo, più esattamente di un rischio da contatto con sostanze tossiche, nocive ed agenti biologici. La Corte di merito, nonostante l’accertamento sulla esistenza di rischi, specie di natura infettiva, per la salute dei lavoratori impegnati nell’attività di raccolta dei rifiuti, rischi legati al possibile contatto con sostanze nocive, tossiche o corrosive, ha escluso la qualificazione degli indumenti forniti dalla società come D.P.I. sul rilievo che gli stessi non possedessero una specifica funzionalità protettiva desumibile da caratteristiche tecniche dettate per la loro realizzazione e commercializzazione, e ciò nonostante non risultassero adottati altri strumenti in grado di fronteggiare il rischio pacificamente accertato, cosicché le tute rappresentavano per gli operatori ecologici l’unico schermo di protezione in concreto utilizzabile contro il possibile contatto con sostanze nocive per la salute.
In tal modo, la sentenza impugnata è incorsa nel denunciato vizio di violazione di legge avendo interpretato la nozione legale di D.P.I. come limitata alle attrezzature appositamente create e commercializzate per la protezione di specifici rischi alla salute in base a caratteristiche tecniche certificate; laddove la previsione normativa in materia, per l’ampio tenore letterale della previsione e la precipua finalità di tutela di beni fondamentali del lavoratore, deve essere letta, in conformità alla giurisprudenza di legittimità, nel senso di includere nella categoria dei D.P.I. qualsiasi attrezzatura, complemento o accessorio che possa in concreto costituire una barriera protettiva, sia pure ridotta o limitata, rispetto a qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza del lavoratore, ai fini dell’adempimento datoriale all’obbligo posto dal TU sicurezza.